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Comunicati stampa
Riconoscimento di eccellenza unico in Italia per la Ginecologia del prof. Ghezzi
La S.C. di Ginecologia e Ostetricia A dell’Ospedale Filippo Del Ponte di Varese – diretta dal professor Fabio Ghezzi dell’Università degli Studi dell’Insubria - ha ottenuto lo scorso marzo l’accreditamento di Eccellenza in Chirurgia Ginecologic
Il programma COEMIG prevede la valutazione di ospedali e chirurghi che eseguono procedure ginecologiche mini-invasive secondo numerosi standard individuati come fondamentali per il miglioramento della qualità delle cure, della sicurezza del paziente e per il conseguimento dei migliori risultati possibili in termini di salute. Si tratta di un percorso valutativo molto rigoroso, mirato a verificare l’adesione a indicazioni e regole che definiscono i livelli di qualità di una struttura sanitaria.
La verifica del livello di qualità raggiunto, iniziata diversi mesi prima per via telematica, è stata completata dall’ispezione al Del Ponte effettuata da valutatori statunitensi della SurgicalReview Corporation su mandato dell’AAGL. Si è trattato di una verifica che ha previsto la quantificazione della corrispondenza ai singoli requisiti richiesti, la valutazione di percorsi di lavoro e organizzativi, la visione di linee guida e protocolli, il sopralluogo delle sale operatorie e dei reparti di degenza, l’intervista agli operatori sanitari, la revisione della casistica operatoria e di cartelle cliniche selezionate. Insomma, una valutazione severa, attenta e rigorosa, che ha reso ancora più apprezzato il traguardo raggiunto.
“Questo risultato è il coronamento di un percorso iniziato oltre 20 anni fa, - tiene a sottolineare il prof. Ghezzi - quando la ginecologia varesina divenne uno dei centri pionieristici che promuovevano l’implementazione della tecnica laparoscopica e proseguito con ferma determinazione negli anni, fino a diventare un punto di riferimento per la chirurgia ginecologica mini-invasiva sia in ambito di ricerca scientifica che nel panorama della sanità nazionale e internazionale. I vantaggi degli interventi effettuati per via laparoscopica, isteroscopica o con accesso vaginale, rispetto alla tradizionale chirurgia “a cielo aperto” che implica estese incisioni cutanee, sono ormai noti a tutti (minor dolore postoperatorio, ridotto tasso di complicanze, degenza più breve, migliori risultati estetici, ritorno più precoce allo svolgimento delle normali attività dopo la dimissione). Ciò che è meno noto è che si tratta di una chirurgia spesso difficile e impegnativa, che richiede un instancabile esercizio di dedizione, costanza, pazienza, determinazione, spirito di abnegazione e flessibilità per poter raggiungere risultati di eccellenza”.
Il successo della Ginecologia dell’Ospedale Del Ponte – dovuto anche alla collaborazione con l’Università degli Studi dell’Insubria - è infatti il frutto di una comunione di intenti e di una forte volontà condivisa da parte di chi guida il gruppo (il Prof. Fabio Ghezzi, primario) e dei chirurghi che ne fanno parte di estendere i benefici di una chirurgia “minimamente traumatica” al maggior numero possibile di pazienti e di perseguire l’obiettivo di ridurre ulteriormente l’invasività delle procedure, minimizzando il numero e il calibro degli strumenti operatori utilizzati.
Nel caso specifico, i risultati ottenuti possono essere “misurati” in duplice modo. In primis, valutando il cosiddetto “indice di tecnicità”, ossia la percentuale di interventi eseguiti con approccio mini-invasivo, sul totale delle procedure chirurgiche eseguite. A titolo esemplificativo, l’indice di tecnicità per l’intervento di isterectomia (asportazione dell’utero) nel centro di Varese è da diversi anni superiore al 95%, a fronte di un dato nazionale del 30% e di quello statunitense del 36% (dato del 2009). L’esperienza accumulata negli anni ha inoltre consentito di estendere progressivamente l’approccio mini-invasivo ad interventi di complessità tecnica via via crescente, come quelli necessari per la cura di alcune patologie oncologiche del tratto genitale femminile, al punto che attualmente oltre il 90% dei tumori ginecologici in stadio iniziale (circa 150 ogni anno a Varese) viene gestito senza necessità di praticare ampie incisioni addominali come accadeva in passato e come accade tutt’ora anche in rinomati centri di riferimento italiani.
La seconda attestazione dei risultati conseguiti la si può ricercare nel numero sempre crescente di procedure eseguite con strumenti ultra-sottili (di 2 o 3 mm di diametro a fronte dei 5-12 mm della laparoscopia convenzionale), utilizzando tecniche chiamate di mini- o micro-laparoscopia, di cui il centro varesino è diventato un vero e proprio riferimento internazionale. Si tratta di eseguire esattamente le medesime procedure eseguite con laparoscopia convenzionale, ma utilizzando accessi addominali del calibro di uno stuzzicadenti, che non necessitano nemmeno di punti di sutura al termine dell’operazione e lasciano cicatrici praticamente invisibili.
“Questo non solo si traduce in esiti estetici ottimali, - spiega Ghezzi - ma accresce i ben noti benefici della laparoscopia sia in termini di dolore postoperatorio che di rischi di complicanze come le ernie in sede di incisione. A questo si accompagna un continuo allenamento a introdurre tecniche innovative che consentono di ridurre il numero di accessi a livello della parete addominale, ed esempio sfruttando la cicatrice ombelicale come unico punto di ingresso di questi strumenti miniaturizzati”.
Il volume di produzione scientifica sull’argomento, i numerosi inviti a congressi internazionali, i medici visitatori che dall’estero vengono a frequentare le sale operatorie del Del Ponte e il coinvolgimento in molti meeting con interventi live sono testimonianza dell’interesse per queste tecniche, che rappresentano la naturale evoluzione della chirurgia mini-invasiva e segnano il passo per gli sviluppi futuri in questo campo.
“Il prestigioso riconoscimento COEMIG dato alla Ginecologia e Ostetricia A dell’Ospedale Del Ponte – conclude Ghezzi - è la testimonianza che è possibile perseguire l’eccellenza e l’innovazione e diventare un modello di riferimento nazionale e non solo, anche senza la necessità di esosi investimenti economici come quelli richiesti dalla chirurgia robotica, anche esercitando in ambito di sanità pubblica: bisogna crederci, bisogna mettere in campo risorse a volte più difficili da trovare di quelle economiche, come le capacità professionali, la perseveranza e l’apertura mentale dell’equipe di lavoro”.
Varese, 22 giugno 2015