Autotrapianto renale all’Ospedale di Circolo
Autotrapianto renale all’Ospedale di Circolo
22 February 2019
Comunicato stampa
inCircolo
Le nostre storie

Grazie a questo complesso intervento, la paziente ha evitato la Dialisi
E’ stata operata due settimane fa all’Ospedale di Circolo di Varese una giovane donna portatrice di un aneurisma dell’arteria renale. L’intervento, un autotrapianto di rene, le ha restituito la vita piena che aveva, sottraendola alla dialisi.
“L’aneurisma dell’arteria renale è una patologia piuttosto rara che può comportare conseguenze molto gravi: la perdita del rene o, nel caso di rottura dell’aneurisma, la morte del paziente. - spiega il Prof.Giulio Carcano, Direttore della Chirurgia dei Trapianti - Le nuove tecniche di chirurgia endo-vascolare permettono di trattare questi aneurismi inserendo dei dispositivi che escludono l’aneurisma mettendolo in sicurezza. Purtroppo, però, nel caso della nostra paziente l’aneurisma coinvolgeva i rami arteriosi più importanti per la vascolarizzazione dell’organo: in questi casi di aneurisma ‘complesso’ il trattamento tradizionale prevede l’asportazione del rene con la perdita della sua funzione. Esiste però un’alternativa: l’autotrapianto di rene, e la nostra esperienza a Varese ha raggiunto il numero didieci pazienti trattati con risultati ottimali”.
L’autotrapianto di rene è un intervento complesso e multidisciplinare. Si articola in tre fasi: la nefrectomia, ovvero l’asportazione del rene, la ricostruzione al banco dell’arteria colpita dall’aneurisma, mantenendo l’organo in ipotermia, e la fase finale di trapianto dell’organo.
A rendere particolarmente complessa questa procedura sono innanzitutto le dimensioni ridotte dei rami intraparenchimali, ovvero dei vasi arteriosi profondi che alimentano il rene e che devono essere sottoposti a ricostruzioni con tecnica microchirurgica. Inoltre, tale procedura prevede l’utilizzo di vene prelevate dal paziente per la sostituzione completa dell’arteria patologica.
A complicare ulteriormente la situazione, la donna operata settimana scorsa al Circolo aveva un solo rene. Procedere all’autotrapianto, quindi, non era solo necessario per evitare che l’aneurisma, di dimensioni crescenti e in una posizione delicatissima, coinvolgente tutti i 5 rami terminali della vascolarizzazione del rene, si rompesse, ma anche per impedire che la giovane necessitasse della dialisi, destinata a un’esistenza in simbiosi con una macchina.
Il buon risultato di questa tecnica è possibile solo grazie alla collaborazione di diversi professionisti:
“La valutazione pre-operatoria della funzionalità renale residua e delle sue possibilità di mantenimento, infatti, è stata svolta dalla Nefrologia, diretta dal Dott. Giuseppe Rombolà - tiene a precisare il prof. Carcano - Preziosissima è l’esperienza in questo tipo di micro-chirurgia ricostruttiva maturata dal Prof. Matteo. Tozzi, Responsabile della Chirurgia Vascolare, e dal Dott. Giovanni Saredi, Responsabile dell’Urologia. Questa collaborazione ha permesso di asportare l’aneurisma e ricostruire le diramazioni dell’arteria utilizzando la vena grande safena della paziente con ripresa funzionale immediata. Inoltre, per tutta la durata dell’intervento è stato necessario un attento monitoraggio intra e post-operatorio della paziente, affidato al servizio di Anestesia e Rianimazione di cui è Direttore il Dott. Salvatore Cuffari, e quindi il ricovero nel reparto di Rianimazione per le ore successive all’intervento”.
La complessità chirurgica oggi viene affrontata con l’applicazione delle più moderne tecnologie della realtà aumentata. Grazie alla diagnostica eseguita mediante Tomografia Computerizzata viene ricostruito l’organo con le sue caratteristiche anatomiche più fini. Questo permette una pianificazione ottimale della fase preoperatoria. Nei casi più complessi, come quello in questione, la stampa 3D dell’arteria e del suo aneurisma permette al chirurgo di definire con precisione il numero delle anastomosi da eseguire e la lunghezza dei segmenti venosi da utilizzare. In questo modo vengono ridotti drasticamente i rischi di ischemia fredda a cui l’organo è sottoposto. L'attenta pianificazione ha consentito di ridurre progressivamente il tempo operatorio di questo delicato intervento, che comunque non è mai inferiore alle 10-12 ore.
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