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14/07/2023
14/07/2023
Ipertiroidismo
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21/06/2023
21/06/2023
La Medicina di confine: sfide ed opportunità
I territori di confine affrontano sempre maggiori difficoltà ad arginare l'esodo di professionisti che scelgono di attraversare il confine per lavorare in Svizzera.
Più del 25% dei 16 mila operatori sociosanitari del Ticino sono frontalieri, di cui il 70% italiani e, per la maggior parte, lombardi. Infatti, medici, infermieri, operatori sanitari trovano facilmente condizioni di lavoro e salari migliori in Svizzera.
I motivi che li spingono sono molteplici, di cui sicuramente il più rilevante è rappresentato dalle condizioni salariali più vantaggiose. Basti pensare che uno stipendio medio per un infermiere in Svizzera va dai 4000 ai 5000 franchi svizzeri. Questo significa che i frontalieri in un ospedale del Canton Ticino guadagnano molto di più di un collega che presta servizio in un ospedale italiano che guadagna circa 1400 euro (ben al di sotto della media europea che si attesta sui 1900 euro, con punte di 2500 euro nei paesi anglosassoni). Secondo i dati del 2018 dell'Ufficio Federale di Statistica Elvetica, i medici specialisti liberi professionisti conseguono un reddito mediano annuo di 257 mila franchi, con un massimo di 697 mila nel settore della neurochirurgia.
La Svizzera dipende fortemente dalla manodopera proveniente dall'estero. Nel Canton Ticino, per esempio, i dati del 2021 dell’Ufficio Cantonale di Statistica evidenziano che dei 31000 che lavorano in ambito socio-sanitario, quasi 5000 sono frontalieri che ogni giorno entrano in Ticino dall'Italia, cioè 1 su 6.
Oltre ai frontalieri, 20 mila sono gli infermieri che hanno scelto di lasciare l’Italia, specie dopo la pandemia che ha contribuito ad aggravare la situazione e a dare una ulteriore spinta verso paesi professionalmente più attrattivi, per migliori condizioni remunerative e sviluppo di carriera (dati FNOPI - Federazione Nazionale Ordini professioni infermieristiche). Nella sola provincia di Varese, ad esempio, 250 sono gli infermieri che, tra il 2021 e il 2022, hanno abbandonato l’Italia per andare a lavorare in Ticino.
A causa della carenza infermieristica, oramai diffusa su tutto il territorio europeo – in Lombardia mancano circa 9000 unità –, si è scatenata una agguerrita concorrenza tra Ticino e Italia, tra i cantoni francofoni e germanofoni di confine con, rispettivamente, la Francia e la Germania o l'Austria. Per esempio, gli infermieri francesi, dopo essere stati formati nelle scuole francesi, in Alta Savoia, si spostano per andare a lavorare al confine con il Canton Ginevra, dove cè una carenza del 20-25% di personale infermieristico. Per questa ragione il governo francese ha proposto l’obbligo di versare una parte del costo della propria istruzione per chi dovesse decidere di esercitare all'estero.
Purtroppo in Italia un infermiere, a parte le maggiorazioni dello stipendio dovute esclusivamente all’anzianità di servizio, non ha possibilità di avere avanzamenti di carriera, anche se ha una specializzazione o un master! In Svizzera, Austria e anche Germania, oltre a beneficiare di condizioni economiche migliori, un infermiere vede una maggiore valorizzazione delle proprie competenze, con possbilità di crescita professionale e di carriera. In Austria durante la pandemia, oltre ad uno stipendio più alto, si garantiva ad un infermiere, vitto e alloggio, un corso di lingua, mezzi pubblici gratuiti e, a quelli con esperienza in ambito intensivistico, anche l’assicurazione professionale gratuita.
La vicinanza col confine italo-elvetico fa sì che Luino sia fortemente interessata dal frontalierato di professionisti sanitari, cioè dalla presenza di medici, infermieri e altri professioni sanitarie che si recano giornalmente in Svizzera per lavoro, come anche da questa emorragia di personale sanitario verso la nazione elvetica.
Di fronte a queste problematiche, come possiamo rendere più attrattiva la nostra Sanità di confine?
Tra le proposte avanzate a livello regionale in ambito infermieristico due sembrano essere particolarmente interessanti: il riconoscimento del ruolo dell’infermiere specialista clinico e l’indennità di prossimità sotto forma di sgravi fiscali e bonus aggiuntivi - sul modello della carta sconto benzina per i Comuni della fascia di confine - da corrispondere a quanti decidessero di rimanere a lavorare in territorio italiano.
Luino, la città di Venga a prendere il caffè da noi, per la sua collocazione lacustre, è una popolare destinazione turistica, con flussi particolarmente significativi dalla Svizzera e, in generale, dall'area linguistica tedesca.
Nelle zone di confine, come il luinese, la sanità italiana garantisce la gestione delle urgenze ed emergenze dei turisti, soprattutto tedeschi e svizzeri, in vacanza in Italia. Così il turismo alimenta indirettamente una sanità di confine che vede soprattutto gli elvetici ricoverarsi presso le nostre degenze, in solvenza, in quanto essendo cittadini extracomunitari pagano la degenza, gli interventi e le procedure eseguiti durante il ricovero, spesso grazie alle polizze assicurative che risarciscono il paziente/cliente, garantendogli – nel caso – anche il trasporto per il rientro nel proprio paese di origine.
Da questo potremmo ripensare ad una offerta assistenziale che vada al di là dell’urgenza – emergenza.
Per esempio, un’indagine dello IUBH Touristik-Radar (Bad Honner International University 2016) ha evidenziato che il 55% dei tedeschi si immagina come “un turista della salute”. Nelle regioni settentrionali della Germania come Brema, Amburgo e Meclemburgo-Pomerania Anteriore, la percentuale sale al 62%. Più della metà dei tedeschi sarebbe disposta a recarsi in un altro Paese per sottoporsi a cure ed interventi chirurgici, il che si traduce in un grande potenziale e, allo stesso tempo, in una grande sfida per attirare nelle zone di confine questo gruppo di turismo della salute.
Pensiamo all’offerta ambulatoriale nelle diverse branche della Medicina Interna, che spazia dalla Diabetologia alla Pneumologia, dalla Reumatologia alla Cardiologia, dagli Ambulatori di ipertensione arteriosa, obesità a quelli di ultrasonografia vascolare; senza considerare il ruolo della Medicina Preventiva, in ambito di nutrizione, correzione dei fattori di rischio e programma di screennig oncologico e di rischio cardiovascolare.
L’offerta sanitaria ospedaliera e territoriale nelle aree dell’Asst Sette Laghi, come Luino, confinanti con la Svizzera potrebbe essere incentivata e l’afflusso potrebbe essere significativo, in particolar modo perché in Italia gli elvetici potrebbero comodamente coniugare le cure mediche con delle vacanze culturali ed enogastronomiche nei nostri ameni luoghi di lago e montagna.
Sotto il profilo delle formazione, poi, le aree di confine, come Luino, potrebbero rappresentare luoghi di scambio culturale e di formazione in campo medico - sanitario dei professionisti in formazione elvetici, grazie all’apporto formativo dei docenti dell’Università dell’Insubria.
Tutto questo potrebbe garantire un indotto da “spendere” sui territori di confine in investimenti, beni e servizi capaci di aumentare la qualità di vita dei residenti, rendere quei luoghi più attrattivi, dare valore alle persone e fare sistema con il territorio.
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29/11/2022
29/11/2022
Donazione dopo arresto cardiaco 'uncontrolled': primo caso a Varese.
Severgnini e De Min: "Procedura rara e complessa, ma necessaria, che esprime quanto siano preziosi gli organi donati".
Che gli organi siano preziosi, è noto.
Ma per capire quanto lo siano davvero, storie come questa possono aiutare.
La donazione di due reni equivale infatti a restituire la vita ad altrettante persone: ecco perché un Ospedale ha il dovere morale, in presenza delle competenze e delle tecnologie necessarie, di dotarsi dell'organizzazione, per quanto complessa e gravosa, per garantire la possibilità di donare gli organi ogni qual volta ci siano le condizioni e la volontà del paziente o dei suoi famigliari.
L'ASST Sette Laghi ne è convinta, ancor più considerato il suo ruolo di centro di alta specializzazione e di sede hub per tutte le reti dedicate alle patologie tempo-dipendenti.
Lo dimostra il prelievo avvenuto pochi giorni fa all'Ospedale di Circolo, frutto di una procedura molto complessa, che richiede una formazione specifica e che tecnicamente si chiama DCD uncontrolled, ovvero donazione per morte cardiaca non controllata.
Il prelievo è stato fatto su un paziente di media età, colpito da arresto cardiaco a domicilio. Nonostante la chiamata al 118 e i tentativi di rianimazione, avviati in tempi rapidi e protrattisi con il supporto del massaggiatore cardiaco meccanico fino all'arrivo in Ospedale, il cuore non ha ripreso a pompare sangue.
In Pronto Soccorso il paziente è stato collegato all'ECMO, una macchina sofisticata che consente la circolazione extracorporea e l'ossigenazione dell'organismo, compensando l'incapacità del cuore di farlo. Il paziente è stato quindi sottoposto ad accertamenti importanti, dalla TAC alla coronarografia, finalizzati ad individuare anche la minima possibilità di ripresa della funzionalità cardiaca. L'esito di questi esami è stato purtroppo negativo per la sopravvivenza del paziente, confermando però al contempo l'idoneità alla donazione.
La famiglia ha espresso la volontà di donare e la complessa macchina organizzativa ha proseguito il suo lavoro.
A raccontarla è il Prof. Paolo Severgnini, Direttore della Terapia Intensiva Cardiochirurgica e uno degli autori del protocollo locale definito nel 2020 da ASST Sette Laghi per l'attuazione della procedura Donation after Cardiac Death: "Una volta appurata l'insussistenza di ogni possibilità di salvare il paziente, si procede a staccare l'ECMO e a far partire i venti minuti di elettrocardiogramma isoelettrico, per constatare ufficialmente il decesso. Trascorsi i venti minuti previsti per legge, si procede tempestivamente a riattivare l'ECMO solo per la parte addominale, per tornare cioè a perfondere gli organi dell'addome che potrebbero essere donati. E' necessario protrarre la perfusione per alcune ore, prima di poter procedere al prelievo degli organi destinati al trapianto. Nel caso in questione, dopo circa tre ore, si è ritenuto di poter procedere al prelievo dei reni, che sono poi stati trasportati nella sede di destinazione per restituire nuova vita a due persone, grazie allo straordinario gioco di squadra iniziato con i soccorritori di AREU, proseguito con il personale del Pronto Soccorso, poi della Radiologia e dell'Emodinamica, fino a quello della Sala Operatoria, con anestesisti, perfusionisti, cardiochirurghi, infermieri..."
"La donazione a cuore fermo è una delle ultime frontiere della donazione di organi - ha spiegato la Dott.ssa Federica de Min, Coordinatrice aziendale dell'attività di donazione e prelievo di organi - Ad essere più precisi, la possibilità di procedere alla donazione degli organi in pazienti deceduti dopo arresto cardiaco esiste da alcuni anni, ma una differenza sostanziale la fa il luogo in cui si trova il paziente: un conto è la procedura cosiddetta 'controlled', che riguarda i pazienti che vanno in arresto cardiaco in terapia intensiva, e quindi in un contesto 'controllato' fin dalla genesi, un conto è la procedura 'uncontrolled', ovvero quella del caso in questione, in cui l'arresto avviene a domicilio o comunque fuori dall'Ospedale. Mentre di procedure DCD a Varese ne abbiamo fatte una decina dal 2017, questo è il primo caso di DCD uncontrolled a Varese. Una procedura che richiede grande coordinamento e capacità, oltre che un intervento tempestivo. Fondamentale, ad esempio, è calcolare con precisione l'ora dell'arresto cardiaco e che il paziente arrivi in Ospedale meno di un'ora dopo l'evento".
"La complessità di questa procedura - sottolinea Severgnini - è dimostrata dal fatto che sono pochissimi gli Ospedali lombardi in grado di eseguirla. Ma vale la pena approntarla, formare il personale, tentare ogni volta che ve ne è la possibilità: è un altro modo per far capire quanto gli organi donati siano preziosi per curare pazienti in attesa di trapianto e quanto sia importante rispettare una volontà espressa in vita".

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15/12/2022
15/12/2022
La Medicina interna dell'Ospedale di Circolo accreditata come Scuola avanzata di Eco-Color Doppler dalla Società Italiana di Ultrasonologia in Medicina e Biologia
La Società Italiana di Ultrasonologia in Medicina e Biologia ha riconosciuto l'Ospedale di Circolo, ed in particolare la struttura di Medicina interna, diretta dal Prof. Francesco Dentali, come sede della Scuola avanzata SIUMB di Eco-Color Doppler.
A coordinare il progetto, il Dottor Igor Giarretta che, coadiuvato dalle dottoresse Daniela Mastroiacovo, Alessandra Mazziotti, Eleonora Nicolini, Sara Speroni, dal dottor Nicolò Tandurella e con il prezioso supporto del Dottor Guido Bonoldi (referente regionale SIUMB), costituirà il “corpo docente” del percorso formativo.
ASST Sette Laghi, ha ottenuto questo prestigioso riconoscimento in virtù della intensa attività ecografica normalmente erogata dall’Unità di Medicina Interna e delle riconosciute competenze dei suoi specialisti in ecografia vascolare.
La SIUMB (Società Italiana di Ultrasonologia in Medicina e Biologia – www.siumb.it), fondata nel 1982 a Bologna, è una società multidisciplinare comprendente varie figure di specialisti, quali internisti, radiologi, chirurghi, gastroenterologi, infettivologi, e medici di base, che stimola e sviluppa studi sull’applicazione degli ultrasuoni nell’ambito della Medicina e della Biologia.
Le scuole SIUMB hanno come finalità l’apprendimento e l’approfondimento teorico e pratico dell’ecografia clinica per il conseguimento delle competenze necessarie alla corretta esecuzione dell’esame ecografico, secondo le attuali linee guida delle Società scientifiche nazionali ed internazionali.
Nel dettaglio, la Scuola di Ecografia SIUMB dell’ASST-Sette-Laghi prevede una formazione specialistica avanzata nelle metodiche di Eco Color Doppler vascolare periferico e del distretto addominale. Il percorso formativo permette di acquisire non solo conoscenze sull’utilizzo degli ultrasuoni nell’ambito delle diverse applicazioni cliniche, ma anche di apprendere la metodologia di esecuzione delle prestazioni eseguendo, in ambito di tutoraggio, indagini ecografiche su pazienti sotto la guida e supervisione di Docenti esperti.
I Corsi si svolgono negli Ambulatori di Angiologia e di Medicina Interna e sono rivolti a tutti i laureati della Facoltà di Medicina e Chirurgia che intendano approfondire le proprie conoscenze ecografiche ed acquisire competenze specialistiche in ambito Vascolare.
Ulteriori informazioni riguardanti le modalità di iscrizione e di frequenza potranno essere ottenute contattando la Segreteria della Scuola all’indirizzo e-mail: ecografia.internistica@asst-settelaghi.it.

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21/09/2022
21/09/2022
L'ASST Settelaghi al convegno sul futuro della ricerca Clinica in Italia organizzato da FADOI e Istituto Superiore di Sanità
Ieri si è svolto un importante convegno sul futuro della ricerca Clinica in Italia organizzato da FADOI (federazione delle associazioni dirigenti ospedalieri internisti) e Istituto Superiore di Sanità.
Alla presenza di rappresentanti dei principali stakeholder nel campo della sanità come il Ministero della Salute , AIFA, FIASO e Farmindustria in una giornata di lavoro sono state elaborate delle proposte pratiche per un manifesto della ricerca clinica in Italia.
L’ASST Settelaghi ha avuto un ruolo da protagonista in questa importante giornata grazie alla presenza del Prof Dentali Francesco, Direttore del Dipartimento Emergenze ad alta specialità e Medical center e Presidente Eletto FADOI.

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30/06/2022
30/06/2022
Trentamila euro, raccolti da privati cittadini, per finanziare un data manager per l'Urologia varesina

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14/07/2023
14/07/2023
Ipertiroidismo
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21/06/2023
21/06/2023
La Medicina di confine: sfide ed opportunità
I territori di confine affrontano sempre maggiori difficoltà ad arginare l'esodo di professionisti che scelgono di attraversare il confine per lavorare in Svizzera.
Più del 25% dei 16 mila operatori sociosanitari del Ticino sono frontalieri, di cui il 70% italiani e, per la maggior parte, lombardi. Infatti, medici, infermieri, operatori sanitari trovano facilmente condizioni di lavoro e salari migliori in Svizzera.
I motivi che li spingono sono molteplici, di cui sicuramente il più rilevante è rappresentato dalle condizioni salariali più vantaggiose. Basti pensare che uno stipendio medio per un infermiere in Svizzera va dai 4000 ai 5000 franchi svizzeri. Questo significa che i frontalieri in un ospedale del Canton Ticino guadagnano molto di più di un collega che presta servizio in un ospedale italiano che guadagna circa 1400 euro (ben al di sotto della media europea che si attesta sui 1900 euro, con punte di 2500 euro nei paesi anglosassoni). Secondo i dati del 2018 dell'Ufficio Federale di Statistica Elvetica, i medici specialisti liberi professionisti conseguono un reddito mediano annuo di 257 mila franchi, con un massimo di 697 mila nel settore della neurochirurgia.
La Svizzera dipende fortemente dalla manodopera proveniente dall'estero. Nel Canton Ticino, per esempio, i dati del 2021 dell’Ufficio Cantonale di Statistica evidenziano che dei 31000 che lavorano in ambito socio-sanitario, quasi 5000 sono frontalieri che ogni giorno entrano in Ticino dall'Italia, cioè 1 su 6.
Oltre ai frontalieri, 20 mila sono gli infermieri che hanno scelto di lasciare l’Italia, specie dopo la pandemia che ha contribuito ad aggravare la situazione e a dare una ulteriore spinta verso paesi professionalmente più attrattivi, per migliori condizioni remunerative e sviluppo di carriera (dati FNOPI - Federazione Nazionale Ordini professioni infermieristiche). Nella sola provincia di Varese, ad esempio, 250 sono gli infermieri che, tra il 2021 e il 2022, hanno abbandonato l’Italia per andare a lavorare in Ticino.
A causa della carenza infermieristica, oramai diffusa su tutto il territorio europeo – in Lombardia mancano circa 9000 unità –, si è scatenata una agguerrita concorrenza tra Ticino e Italia, tra i cantoni francofoni e germanofoni di confine con, rispettivamente, la Francia e la Germania o l'Austria. Per esempio, gli infermieri francesi, dopo essere stati formati nelle scuole francesi, in Alta Savoia, si spostano per andare a lavorare al confine con il Canton Ginevra, dove cè una carenza del 20-25% di personale infermieristico. Per questa ragione il governo francese ha proposto l’obbligo di versare una parte del costo della propria istruzione per chi dovesse decidere di esercitare all'estero.
Purtroppo in Italia un infermiere, a parte le maggiorazioni dello stipendio dovute esclusivamente all’anzianità di servizio, non ha possibilità di avere avanzamenti di carriera, anche se ha una specializzazione o un master! In Svizzera, Austria e anche Germania, oltre a beneficiare di condizioni economiche migliori, un infermiere vede una maggiore valorizzazione delle proprie competenze, con possbilità di crescita professionale e di carriera. In Austria durante la pandemia, oltre ad uno stipendio più alto, si garantiva ad un infermiere, vitto e alloggio, un corso di lingua, mezzi pubblici gratuiti e, a quelli con esperienza in ambito intensivistico, anche l’assicurazione professionale gratuita.
La vicinanza col confine italo-elvetico fa sì che Luino sia fortemente interessata dal frontalierato di professionisti sanitari, cioè dalla presenza di medici, infermieri e altri professioni sanitarie che si recano giornalmente in Svizzera per lavoro, come anche da questa emorragia di personale sanitario verso la nazione elvetica.
Di fronte a queste problematiche, come possiamo rendere più attrattiva la nostra Sanità di confine?
Tra le proposte avanzate a livello regionale in ambito infermieristico due sembrano essere particolarmente interessanti: il riconoscimento del ruolo dell’infermiere specialista clinico e l’indennità di prossimità sotto forma di sgravi fiscali e bonus aggiuntivi - sul modello della carta sconto benzina per i Comuni della fascia di confine - da corrispondere a quanti decidessero di rimanere a lavorare in territorio italiano.
Luino, la città di Venga a prendere il caffè da noi, per la sua collocazione lacustre, è una popolare destinazione turistica, con flussi particolarmente significativi dalla Svizzera e, in generale, dall'area linguistica tedesca.
Nelle zone di confine, come il luinese, la sanità italiana garantisce la gestione delle urgenze ed emergenze dei turisti, soprattutto tedeschi e svizzeri, in vacanza in Italia. Così il turismo alimenta indirettamente una sanità di confine che vede soprattutto gli elvetici ricoverarsi presso le nostre degenze, in solvenza, in quanto essendo cittadini extracomunitari pagano la degenza, gli interventi e le procedure eseguiti durante il ricovero, spesso grazie alle polizze assicurative che risarciscono il paziente/cliente, garantendogli – nel caso – anche il trasporto per il rientro nel proprio paese di origine.
Da questo potremmo ripensare ad una offerta assistenziale che vada al di là dell’urgenza – emergenza.
Per esempio, un’indagine dello IUBH Touristik-Radar (Bad Honner International University 2016) ha evidenziato che il 55% dei tedeschi si immagina come “un turista della salute”. Nelle regioni settentrionali della Germania come Brema, Amburgo e Meclemburgo-Pomerania Anteriore, la percentuale sale al 62%. Più della metà dei tedeschi sarebbe disposta a recarsi in un altro Paese per sottoporsi a cure ed interventi chirurgici, il che si traduce in un grande potenziale e, allo stesso tempo, in una grande sfida per attirare nelle zone di confine questo gruppo di turismo della salute.
Pensiamo all’offerta ambulatoriale nelle diverse branche della Medicina Interna, che spazia dalla Diabetologia alla Pneumologia, dalla Reumatologia alla Cardiologia, dagli Ambulatori di ipertensione arteriosa, obesità a quelli di ultrasonografia vascolare; senza considerare il ruolo della Medicina Preventiva, in ambito di nutrizione, correzione dei fattori di rischio e programma di screennig oncologico e di rischio cardiovascolare.
L’offerta sanitaria ospedaliera e territoriale nelle aree dell’Asst Sette Laghi, come Luino, confinanti con la Svizzera potrebbe essere incentivata e l’afflusso potrebbe essere significativo, in particolar modo perché in Italia gli elvetici potrebbero comodamente coniugare le cure mediche con delle vacanze culturali ed enogastronomiche nei nostri ameni luoghi di lago e montagna.
Sotto il profilo delle formazione, poi, le aree di confine, come Luino, potrebbero rappresentare luoghi di scambio culturale e di formazione in campo medico - sanitario dei professionisti in formazione elvetici, grazie all’apporto formativo dei docenti dell’Università dell’Insubria.
Tutto questo potrebbe garantire un indotto da “spendere” sui territori di confine in investimenti, beni e servizi capaci di aumentare la qualità di vita dei residenti, rendere quei luoghi più attrattivi, dare valore alle persone e fare sistema con il territorio.
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29/11/2022
29/11/2022
Donazione dopo arresto cardiaco 'uncontrolled': primo caso a Varese.
Severgnini e De Min: "Procedura rara e complessa, ma necessaria, che esprime quanto siano preziosi gli organi donati".
Che gli organi siano preziosi, è noto.
Ma per capire quanto lo siano davvero, storie come questa possono aiutare.
La donazione di due reni equivale infatti a restituire la vita ad altrettante persone: ecco perché un Ospedale ha il dovere morale, in presenza delle competenze e delle tecnologie necessarie, di dotarsi dell'organizzazione, per quanto complessa e gravosa, per garantire la possibilità di donare gli organi ogni qual volta ci siano le condizioni e la volontà del paziente o dei suoi famigliari.
L'ASST Sette Laghi ne è convinta, ancor più considerato il suo ruolo di centro di alta specializzazione e di sede hub per tutte le reti dedicate alle patologie tempo-dipendenti.
Lo dimostra il prelievo avvenuto pochi giorni fa all'Ospedale di Circolo, frutto di una procedura molto complessa, che richiede una formazione specifica e che tecnicamente si chiama DCD uncontrolled, ovvero donazione per morte cardiaca non controllata.
Il prelievo è stato fatto su un paziente di media età, colpito da arresto cardiaco a domicilio. Nonostante la chiamata al 118 e i tentativi di rianimazione, avviati in tempi rapidi e protrattisi con il supporto del massaggiatore cardiaco meccanico fino all'arrivo in Ospedale, il cuore non ha ripreso a pompare sangue.
In Pronto Soccorso il paziente è stato collegato all'ECMO, una macchina sofisticata che consente la circolazione extracorporea e l'ossigenazione dell'organismo, compensando l'incapacità del cuore di farlo. Il paziente è stato quindi sottoposto ad accertamenti importanti, dalla TAC alla coronarografia, finalizzati ad individuare anche la minima possibilità di ripresa della funzionalità cardiaca. L'esito di questi esami è stato purtroppo negativo per la sopravvivenza del paziente, confermando però al contempo l'idoneità alla donazione.
La famiglia ha espresso la volontà di donare e la complessa macchina organizzativa ha proseguito il suo lavoro.
A raccontarla è il Prof. Paolo Severgnini, Direttore della Terapia Intensiva Cardiochirurgica e uno degli autori del protocollo locale definito nel 2020 da ASST Sette Laghi per l'attuazione della procedura Donation after Cardiac Death: "Una volta appurata l'insussistenza di ogni possibilità di salvare il paziente, si procede a staccare l'ECMO e a far partire i venti minuti di elettrocardiogramma isoelettrico, per constatare ufficialmente il decesso. Trascorsi i venti minuti previsti per legge, si procede tempestivamente a riattivare l'ECMO solo per la parte addominale, per tornare cioè a perfondere gli organi dell'addome che potrebbero essere donati. E' necessario protrarre la perfusione per alcune ore, prima di poter procedere al prelievo degli organi destinati al trapianto. Nel caso in questione, dopo circa tre ore, si è ritenuto di poter procedere al prelievo dei reni, che sono poi stati trasportati nella sede di destinazione per restituire nuova vita a due persone, grazie allo straordinario gioco di squadra iniziato con i soccorritori di AREU, proseguito con il personale del Pronto Soccorso, poi della Radiologia e dell'Emodinamica, fino a quello della Sala Operatoria, con anestesisti, perfusionisti, cardiochirurghi, infermieri..."
"La donazione a cuore fermo è una delle ultime frontiere della donazione di organi - ha spiegato la Dott.ssa Federica de Min, Coordinatrice aziendale dell'attività di donazione e prelievo di organi - Ad essere più precisi, la possibilità di procedere alla donazione degli organi in pazienti deceduti dopo arresto cardiaco esiste da alcuni anni, ma una differenza sostanziale la fa il luogo in cui si trova il paziente: un conto è la procedura cosiddetta 'controlled', che riguarda i pazienti che vanno in arresto cardiaco in terapia intensiva, e quindi in un contesto 'controllato' fin dalla genesi, un conto è la procedura 'uncontrolled', ovvero quella del caso in questione, in cui l'arresto avviene a domicilio o comunque fuori dall'Ospedale. Mentre di procedure DCD a Varese ne abbiamo fatte una decina dal 2017, questo è il primo caso di DCD uncontrolled a Varese. Una procedura che richiede grande coordinamento e capacità, oltre che un intervento tempestivo. Fondamentale, ad esempio, è calcolare con precisione l'ora dell'arresto cardiaco e che il paziente arrivi in Ospedale meno di un'ora dopo l'evento".
"La complessità di questa procedura - sottolinea Severgnini - è dimostrata dal fatto che sono pochissimi gli Ospedali lombardi in grado di eseguirla. Ma vale la pena approntarla, formare il personale, tentare ogni volta che ve ne è la possibilità: è un altro modo per far capire quanto gli organi donati siano preziosi per curare pazienti in attesa di trapianto e quanto sia importante rispettare una volontà espressa in vita".

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15/12/2022
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La Medicina interna dell'Ospedale di Circolo accreditata come Scuola avanzata di Eco-Color Doppler dalla Società Italiana di Ultrasonologia in Medicina e Biologia
La Società Italiana di Ultrasonologia in Medicina e Biologia ha riconosciuto l'Ospedale di Circolo, ed in particolare la struttura di Medicina interna, diretta dal Prof. Francesco Dentali, come sede della Scuola avanzata SIUMB di Eco-Color Doppler.
A coordinare il progetto, il Dottor Igor Giarretta che, coadiuvato dalle dottoresse Daniela Mastroiacovo, Alessandra Mazziotti, Eleonora Nicolini, Sara Speroni, dal dottor Nicolò Tandurella e con il prezioso supporto del Dottor Guido Bonoldi (referente regionale SIUMB), costituirà il “corpo docente” del percorso formativo.
ASST Sette Laghi, ha ottenuto questo prestigioso riconoscimento in virtù della intensa attività ecografica normalmente erogata dall’Unità di Medicina Interna e delle riconosciute competenze dei suoi specialisti in ecografia vascolare.
La SIUMB (Società Italiana di Ultrasonologia in Medicina e Biologia – www.siumb.it), fondata nel 1982 a Bologna, è una società multidisciplinare comprendente varie figure di specialisti, quali internisti, radiologi, chirurghi, gastroenterologi, infettivologi, e medici di base, che stimola e sviluppa studi sull’applicazione degli ultrasuoni nell’ambito della Medicina e della Biologia.
Le scuole SIUMB hanno come finalità l’apprendimento e l’approfondimento teorico e pratico dell’ecografia clinica per il conseguimento delle competenze necessarie alla corretta esecuzione dell’esame ecografico, secondo le attuali linee guida delle Società scientifiche nazionali ed internazionali.
Nel dettaglio, la Scuola di Ecografia SIUMB dell’ASST-Sette-Laghi prevede una formazione specialistica avanzata nelle metodiche di Eco Color Doppler vascolare periferico e del distretto addominale. Il percorso formativo permette di acquisire non solo conoscenze sull’utilizzo degli ultrasuoni nell’ambito delle diverse applicazioni cliniche, ma anche di apprendere la metodologia di esecuzione delle prestazioni eseguendo, in ambito di tutoraggio, indagini ecografiche su pazienti sotto la guida e supervisione di Docenti esperti.
I Corsi si svolgono negli Ambulatori di Angiologia e di Medicina Interna e sono rivolti a tutti i laureati della Facoltà di Medicina e Chirurgia che intendano approfondire le proprie conoscenze ecografiche ed acquisire competenze specialistiche in ambito Vascolare.
Ulteriori informazioni riguardanti le modalità di iscrizione e di frequenza potranno essere ottenute contattando la Segreteria della Scuola all’indirizzo e-mail: ecografia.internistica@asst-settelaghi.it.

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21/09/2022
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L'ASST Settelaghi al convegno sul futuro della ricerca Clinica in Italia organizzato da FADOI e Istituto Superiore di Sanità
Ieri si è svolto un importante convegno sul futuro della ricerca Clinica in Italia organizzato da FADOI (federazione delle associazioni dirigenti ospedalieri internisti) e Istituto Superiore di Sanità.
Alla presenza di rappresentanti dei principali stakeholder nel campo della sanità come il Ministero della Salute , AIFA, FIASO e Farmindustria in una giornata di lavoro sono state elaborate delle proposte pratiche per un manifesto della ricerca clinica in Italia.
L’ASST Settelaghi ha avuto un ruolo da protagonista in questa importante giornata grazie alla presenza del Prof Dentali Francesco, Direttore del Dipartimento Emergenze ad alta specialità e Medical center e Presidente Eletto FADOI.

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30/06/2022
30/06/2022
Trentamila euro, raccolti da privati cittadini, per finanziare un data manager per l'Urologia varesina

CLINICAL TRIAL CENTER
Istituito nel 2019, il Clinical Trial Center (CTC) ha come obiettivo principale quello di promuovere la partecipazione dell’ASST a bandi di ricerca nazionali (Ministero della salute, Regione Lombardia...) ed internazionali e coadiuvare gli sperimentatori nella progettazione degli studi, nella raccolta delle relative autorizzazioni, nella conduzione degli stessi.
La ASST dei Sette Laghi, infatti, è polo universitario, per cui è impegnata in numerosi studi clinici ed in attività di ricerca. Il Clinical Trial Center supporta l’attività scientifica del personale sanitario sia nella fase di stesura e di rendicontazione dei progetti di ricerca, sia nella conduzione di sperimentazioni cliniche sponsorizzate (profit) e spontanee (non profit).
Inoltre, il CTC gestisce gli studi da un punto di vista organizzativo ed economico- finanziario, si occupa della registrazione degli stessi nei data base nazionali e internazionali, monitorando il percorso del paziente inserito in uno studio clinico con lo scopo di garantire la progressione della sperimentazione secondo quanto stabilito
dal protocollo, con particolare riferimento all’arruolamento dei pazienti, alla registrazione dei risultati ed al rispetto delle tempistiche.
Attualmente il CTC gestisce la parte amministrativa di circa 19 progetti di ricerca e sono state sottoscritte 57 convenzioni relative a studi.