Strutture del Direttore SocioSanitario

Al Direttore Sociosanitario è affidata, da parte del Direttore Generale, la funzione di direzione del settore aziendale Polo Territoriale cui è attribuito il coordinamento dell’attività erogativa delle prestazioni territoriali e distrettuali nel rispetto dei LEA (DPCM 12/01/2017 e successive integrazioni anche a livello regionale).

La L. R. n. 33/2009 come recentemente modificata dalla L. R. n. 22/2021, agli Art. 7 “ASST e AO” e Art. 7 bis “Distretti” disciplina in particolare, all’interno delle ASST, l’articolazione dei distretti e le relative funzioni.

Il Polo Territoriale eroga per il tramite dell’organizzazione distrettuale:

    • prestazioni specialistiche, di prevenzione sanitaria, di diagnosi, cura e riabilitazione a media e bassa complessità, nonché le cure intermedie e garantisce le prestazioni medico legali;
    • eroga prestazioni sanitarie, sociosanitarie e sociali territoriali e domiciliari in base ai livelli di intensità di cura in una logica di sistema e di integrazione con modalità di presa in carico di persone in condizioni di fragilità e cronicità.

Al Polo Territoriale, secondo l’articolazione distrettuale, afferiscono:

    • Ospedali di Comunità previsti dal PNRR
    • Case di Comunità previste dal PNRR
    • Centrali Operative Territoriali COT previste dal PNRR
    • Cabina di Regia, con il compito di dare attuazione all’integrazione sanitaria, Sociosanitaria e Sociale (art. 9 comma 1 lettera i L.R. 22/2021)

Alla luce delle attività attribuite al Polo Territoriale si è delineata una proposta organizzativa che consenta di valorizzare e sviluppare tre pilastri su cui costruire la nuova Salute di prossimità in una logica “One Health”, ovvero:

  1. Nuove Alleanze
  2. Nuovi Professionisti
  3. Nuovi Luoghi

 

Nuove alleanze – L’occasione del Piano di Sviluppo del Polo Territoriale dei Distretti

E’ necessario che le parti in causa si riconoscano reciprocamente e sostengano il valore della collaborazione.

Al fine di semplificare e garantire la fluidità dei servizi, è necessario che la parte pubblica si riappropri della funzione di orientamento e guida, e punti a governare le porte di accesso al sistema al fine di ricomporre l’evidente frammentazione erogativa.

Tuttavia, la ricomposizione richiede un’alleanza almeno tra le Aziende Socio Sanitarie Territoriali, le Agenzie per la Tutela della Salute, le Autonomie Locali (Comuni, Comunità Montane, Uffici di Piano, ecc..) e il sistema di cure primarie.

La progettazione condivisa dei nuovi Punti Unici di Accesso (PUA), la definizione di piattaforme condivise di supporto per i diversi soggetti coinvolti come le Centrali Operative Territoriali (COT), poste all’interno dei Distretti Sanitari, sono gli strumenti utili a supportare le attività congiunte e favorire l’integrazione d’intenti dei principali attori del sistema sociosanitario e assistenziale del territorio, anche attraverso l’introduzione di logiche e strumenti di Community Building (CB) ovvero la valorizzazione e il riconoscimento delle reti di comunità.

E’ necessario approdare ad un vero e proprio piano strategico di CB dei nascenti Distretti in collaborazione tra Azienda Sociosanitaria e Enti locali, con la finalità di predisporre il nuovo Piano di Sviluppo del Polo Territoriale previsto dall’art. 9 della L. R. n. 22/2021.

La Legge n. 234/2021 ha previsto un articolato intervento sui Livelli Essenziali delle Prestazioni Sociali (LEPS) e gli ambiti territoriali sociali proprio al fine di favorire l’integrazione tra gli ambiti sanitari, sociosanitari e sociali, ferme restando le rispettive competenze e le risorse umane e strumentali di rispettiva competenza.

 

Nuovi Professionisti - La Value Based Healthcare è la strategia che definisce nuovi modelli basati sul valore, per migliorare gli esiti di salute dei pazienti, pur contenendo le risorse per la crescita sostenibile del Servizio Sanitario Nazionale. Fra le raccomandazioni della strategia (intese come pilastri della stessa) vi sono programmi innovativi che riportano al centro la persona e che sono in grado di valutare il percorso assistenziale e terapeutico nella sua complessità.

Per fare questo è necessario, quindi, disegnare una risposta a un problema complesso come quello di cui si tratta e per questo serve multidisciplinarietà.

Per sostenere la multidisciplinarietà e la multiprofessionalità è necessario favorire una nuova metodologia di lavoro, basata sulla comunicazione e sulla messa in comune delle informazioni relative agli utenti che consenta ai diversi professionisti coinvolti e responsabili del percorso, di comunicare fra loro in tempo reale e di collaborare al fine di umanizzare l’assistenza e le cure, tenendo conto del benessere della persona e della sua famiglia.

Ma non è sufficiente.

La resistenza di un sistema ospedaliero iperspecializzato e di una medicina del territorio basata prevalentemente sul singolo e staccata da quella ospedaliera, non permette facilmente l’attuazione. Se da una parte, v’è un problema di responsabilità, anche legato ad un ingessamento corporativo, dall’altra, emerge la necessità di un utilizzo più efficiente delle risorse disponibili, la valorizzazione delle competenze e la certificazione delle stesse.

L'introduzione degli Infermieri di Famiglia o Comunità (IFoC) risulta quindi necessaria per garantire riequilibrio e integrazione tra diversi "luoghi": Ospedale, Casa&Territorio e Comunità.

L’IFoC è una figura che diventa portatrice di idee e costruttrice di ponti, di relazioni tra i servizi (sanitari, ospedalieri, territoriali, ecc.), tra le persone (care giver e MMG, ad esempio) e deve agevolare il necessario task shifting all'interno del sistema (apertura di ambulatori infermieristici sul territorio, degenze di transizione a gestione infermieristica, ecc..).

L’Infermiere di Famiglia o Comunità offre un approccio olistico di assistenza alla persona nel suo ambiente di vita, coinvolgendo in modo attivo tutti i soggetti della società civile (famiglie, MMG, assistenti sociali, ecc.)

Il ruolo dell'IFoC è orientato ad aiutare (e prima di tutto identificare) le persone e le famiglie fuori dai radar della stratificazione della popolazione per intensità di cura o ai margini dalla rete dei servizi. L’intercettazione del bisogno deve avvenire non solo in ambito ospedaliero (quando la complessità ha ormai raggiunto un difficile intervento socio-assistenziale e sociosanitario e spesso in fase di dimissione), ma ancor prima delle sue espressioni più acute.

Ambiti domiciliari, territoriali, scolastici e di comunità (popolati da ruoli come i case manager ospedalieri, ostetriche di famiglia, assistenti sociali, docenti, infermieri di famiglia, parroci, ecc.) rappresentano contesti di pre-intervento qualora identificati e segnalati alla rete che, in alleanza, è preposta alla prevenzione.

 

Nuovi Luoghi - Per la riorganizzazione dell'assistenza territoriale sono necessari luoghi che agevolino la scelta di rimanere al proprio domicilio, ricevendo le cure più idonee, piuttosto che optare per l’inappropriato ricorso al pronto soccorso, per l’appunto le Case della Comunità (CdC).

La rete è ciò che caratterizza la Casa della Comunità: luogo in cui si discute e si risolvono i casi; in cui il cittadino trova risposta sociosanitaria ma, anche socio-assistenziale, attraverso l’interazione professionale degli interlocutori del Comune in cui risiede e l’Ufficio di Piano a cui afferisce, alla scuola che frequenta e alla moltitudine degli attori che si alleano per affrontare le difficoltà che si presentano, famiglia compresa.

Negli Ospedali di Comunità si garantiranno le "degenze assistenziali" a conduzione infermieristica e ad accesso diretto (senza passare dal Pronto Soccorso) e in forte collaborazione con gli MMG.

Tali servizi vogliono rappresentare luogo di ripresa e di stabilizzazione per il cittadino affetto da fragilità sociosanitarie e necessità assistenziali. Ma anche luogo di recupero educazionale in ambito sanitario e focus di analisi dell’empowerment di vita.

L’alleanza, sopracitata, include l’analisi della contemporaneità del bisogno del cittadino, i "luoghi" in cui la medicina territoriale si descrive nell’evoluzione per il comune intento di risoluzione, dove le aggregazioni funzionali (AFT) o Unità complesse di Cure primarie (UCCP) o Cooperative di MMG, Infermieri d Famiglia o Comunità, Assistenti Sociali, ASST, ATS e Comuni si incontrano e lavorano a stretto contatto.

Tutte le competenze, opportunamente coordinate, siano di orientamento, sostegno e risoluzione alle problematiche della cittadinanza portatrice di difficoltà sociosanitaria o socio-assistenziale, nel rispetto dell’ascolto della domanda e dell’appropriatezza di offerta.

 

 

Ultimo aggiornamento: 13/04/2023