Progetto CurArti: il San Carlo del Torriani torna in Ospedale
15 dicembre
Progetto CurArti: il San Carlo del Torriani torna in Ospedale
- hall monoblocco ospedale varese,

La tela secentesca, fresca di restauro, inaugura la galleria nella Hall dell'Ospedale di Circolo realizzata dalla Fondazione Il Circolo della Bontà.
La tela secentesca di Francesco Innocenzo Torriani "Elemosina di San Carlo", una delle più preziose della quadreria di ASST Sette Laghi, è tornata in Ospedale ed è ora esposta in via permanente nella hall dell'Ospedale di Circolo.
Il quadro, infatti, prima in prestito al Museo del Castello di Masnago di Varese, è stato restaurato dalla Fondazione Il Circolo della Bontà, che ha curato anche il nuovo allestimento espositivo, opera dell'Arch. Adriano Veronesi, nella hall dell'Ospedale di Circolo.
L'esposizione del quadro del Torriani fa parte di un progetto più ampio, denominato "CurArti", che vede impegnata l'ASST Sette Laghi e la Fondazione Il Circolo della Bontà: si tratta di un'iniziativa che, nell'area esterna antistante l'ingresso principale dell’Ospedale di Circolo, ha già visto la realizzazione di un murale dell'ormai celebre street artist Ravo Mattoni e che ora prosegue con questa importante tappa, rappresentata dall'esposizione dell'opera secentesca del Torriani.
L'intento è duplice: offrire, a chi accede alle nostre strutture, il conforto della bellezza e, mediante la valorizzazione del patrimonio artistico ospedaliero, ricordare il contributo di tanti benefattori alla crescita e allo sviluppo del nosocomio.
"C’è stato un tempo in cui la cultura del lascito solidale e della donazione liberale, in altre parole la cultura della bontà, ha fatto crescere gli ospedali pubblici, specialmente nella nostra Lombardia - spiega il Presidente della Fondazione il Circolo della Bontà, Gianni Spartà - Di questa miscela di responsabilità sociale e impegno sanitario c’è di nuovo bisogno. La nostra Fondazione lo ha sperimentato durante i mesi tragici della pandemia, ottenendo da oltre seimila donatori di cuore aiuti urgenti grazie ai quali sono state salvate vite. Una sorta di protezione civile ospedaliera nata dal basso. Ma di questo stretto rapporto solidale tra le cittadinanze e i luoghi di cura è vivida testimonianza anche l’arte. Ecco il perché di questo simbolo: CurArti. ASST Sette Laghi custodisce un piccolo grande tesoro di quadri, anche di altri oggetti di valore, che attraverso le vie, a volte misteriose, della beneficenza, sono arrivati negli ospedali. Si tratta di preziose testimonianze, come questo Elemosina di San Carlo , che Fondazione Circolo della Bontà ha inteso esporre, valorizzare, condividere. Ci piace chiamarla la terapia della bellezza: quella diffusa quotidianamente in questa hall dal pianoforte Mi-Fa-Sol Bene, l’abbiamo chiamato così, che tanti virtuosi musicisti, a volte medici e infermieri, suonano regalando sprazzi di svago e di speranza a pazienti e familiari. Oppure quella, imponente, che emana dal San Sebastiano curato da Irene riprodotto da Andrea Ravo Mattoni, maestro dell’arte di strada, su una torre all’ingresso dell’ospedale di Circolo. Era un manufatto anonimo, adesso parla e la gente vi sosta accanto, a volte ricavandovi pensieri positivi. Prendersi cura dei luoghi in cui si viene curati. E’ un nostro impegno di volontariato che speriamo torni a rimettere gli ospedali al centro della vita sociale di Varese, Cittiglio, Luino, Tradate, Angera, Cuasso al monte dove la sanità del territorio ha i suoi fondamentali presidi".
"Tengo innanzitutto a ringraziare la Fondazione Il Circolo della Bontà e la Sovrintendenza: la prima per aver accolto e fatto proprio, la seconda per aver autorizzato, il progetto CurArti - tiene a dire il Direttore Generale di ASST Sette Laghi, Gianni Bonelli - Da un'idea tutto sommato semplice, quelle di portare l'arte in Ospedale, è conseguito qualcosa di molto più ampio, di veramente importante per l'Ospedale e per la comunità: non si tratta più solo di aver portato l'arte, il bello che ispira il buono, ma anche di aver valorizzato il patrimonio artistico dell'Azienda e, con esso, la storia, la memoria, l'esempio dei grandi del passato, grandi come San Carlo e come i benefattori che hanno accompagnato la crescita dell'Ospedale e che continuano a farlo oggi, sia pure in vesti nuove, quelle della Fondazione Il Circolo della Bontà e dei tanti altri Enti del Terzo Settore che ci supportano, ciascuno con una missione diversa, tutti con ASST Sette Laghi e i suoi pazienti nel cuore!".
"La forza espressiva del Torriani in questa pregevole opera evidenzia l'aspetto caritatevole del Santo che aiuta i bisognosi - commenta il Direttore Sanitario, Lorenzo Maffioli, che condivide l'ufficio con un'altra tela del patrimonio artistico di ASST Sette Laghi raffigurante il cugino di san Carlo, l'Arcivescono Federico Borromeo - Quell'atteggiamento può essere considerato una metafora dell'approccio con cui l'Azienda SocioSanitaria si rivolge ai pazienti, prendendosi cura della persona nella sua complessità. Dobbiamo quindi ancor di più ringraziare la Fondazione Il Circolo della Bontà perchè in questo modo, oltre ai significati già descritti, evidenzia anche quanto questa attenzione olistica al paziente, formalizzata e ribadita nella recente riforma del Sistema Sanitario Regionale, sia intrinseca nel nostro patrimonio valoriale da secoli".
A descrivere l'opera, restaurata da Gabriella Mantovani, con la collaborazione di Marzia Renosto, è la Prof.ssa Anna Maria Ferrari, storica dell'arte, docente di Storia dell'Arte al Liceo Classico Cairoli di Varese e componente del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Il Circolo della Bontà:
"L’Elemosina di San Carlo è un dipinto di cui è attestata la presenza nella chiesa dell’Ospedale di Varese sicuramente nell'Ottocento, quando il nosocomio era collocato in uno stabile che si affaccia sull’odierna via Donizetti, prima che venisse costruito il nuovo Ospedale in Viale Borri, all’inizio del XX secolo. Si tratta di un dipinto del 1675 circa che rievoca però una lunga storia, quella della rifondazione dell’Ospedale di Varese da parte dell’Arcivescovo di Milano, Carlo Borromeo, in occasione di una visita pastorale avvenuta nel 1567. Egli volle in questo modo fondare un ospedale più efficiente rispetto ai due ospedali esistenti, di fondazione medievale. Il più antico era quello del Nifontano fondato nella seconda metà del XII secolo (collocato lungo l’odierno viale Europa), posto poco fuori il borgo e ormai fatiscente all’epoca di San Carlo. Il secondo era quello di San Giovanni Evangelista (fondato intorno alla prima metà del XIV secolo) sito a pochi passi dalla Basilica di San Vittore di Varese e ormai insufficiente ai bisogni del borgo. Forse l’edificio sullo sfondo simboleggia proprio uno dei vecchi ospedali varesini. Il nuovo ospedale voluto da San Carlo venne denominato l’Ospedale dei Poveri: si tenga presente infatti che tra i compiti dell’ospedale vi era anche l’assistenza agli indigenti.
Il dipinto, che è uno dei più antichi appartenenti all’Ospedale di Varese, è stato esposto per anni nella cantoria della vecchia chiesa dell’Ospedale di viale Borri, intitolata a San Giovanni Evangelista. Negli ultimi anni è stato invece esposto nella sede museale del Castello di Masnago, in deposito temporaneo. La tela raffigura al centro, in uno spazio aperto, l’Arcivescovo Carlo Borromeo che elargisce l’elemosina ad un uomo vestito di indumenti laceri, inginocchiato davanti a lui; gli è accanto una donna con la gerla sulle spalle (da cui fa capolino il viso di un neonato); entrambi protendono le mani verso il santo. Dietro, sotto una tenda, si riparano una donna con un bambino e un uomo malato accasciato a terra. Ancora più sullo sfondo c’è un edificio porticato davanti a cui staziona un carro stipato di cadaveri, forse vittime della peste. E’ da ricordare a questo proposito il ruolo di S.Carlo durante la terribile epidemia di peste che si abbatté sulla diocesi lombarda nel 1576-1577. In primo piano a destra, davanti ad un’altra tenda, è accovacciata una donna che sta allattando un neonato in fasce. Accanto a lei è teneramente addormentato un bambino, mentre una bambina, più grandicella, sembra indicare la scena principale di cui è protagonista Carlo Borromeo. Il gesto del santo è riecheggiato dalla figura dell’uomo a sinistra, che indossa un elegante cappello piumato: accanto a lui vi è un giovane che protende la mano ed un uomo seminudo e seduto di spalle, illuminato da un fascio di luce radente; la sua stampella spicca in primo piano.
l dipinto rievoca la figura del fondatore dell’Ospedale dei Poveri di Varese, Carlo Borromeo, le cui gesta furono rappresentate in moltissimi dipinti, ad esempio in quelli appartenenti alla serie dei “quadroni” del Duomo di Milano realizzati nel corso del Seicento da alcuni importanti pittori lombardi. Tra gli episodi ricorrenti nell’iconografia di San Carlo, morto nel 1584 e canonizzato nel 1610, vi sono le visite agli appestati cui amministrava l’Eucarestia, l’elemosina agli indigenti, le miracolose guarigioni. Il dipinto varesino rievoca la carità di San Carlo sia nei confronti dei poveri, sia nei confronti degli infermi ma illustra anche come il gesto di San Carlo sia imitato da quello di un laico – l’uomo col cappello piumato, che veste abiti seicenteschi: forse si tratta un amministratore dell’Ospedale dei poveri di Varese. La carità è sottolineata grazie ad un calcolato gioco di sguardi e di gesti delle mani: mani aperte e tese a ricevere, mani protese a donare, mani che indicano e sottolineano i gesti di generosità; il giovane chierico, vestito di nero, che regge il piatto con i soldi a fianco di San Carlo, guarda chiaramente fuori da quadro per intercettare lo sguardo dell’osservatore e coinvolgerlo nella scena.
Il dipinto è stato riconosciuto per lo stile come un’opera di Francesco Innocenzo Torriani; a questo pittore e al padre Francesco (Orazio), anch’egli pittore, è stata dedicata nel 2006 una mostra in Svizzera, a Mendrisio. La mostra ha permesso la riscoperta dell'attività di questi due artisti che si avvalevano di collaboratori: Francesco Innocenzo nacque a Mendrisio nel 1648 e morì a Como, dove aveva la bottega, nel 1700. L’opera fu realizzata da Francesco Innocenzo probabilmente intorno al 1675 sotto lo stretto controllo del padre Francesco. Complessa è l’orchestrazione della scena, affollata di personaggi, con imponenti figure di quinta spesso sovradimensionate rispetto alle altre; anche in un’altra tela di Francesco Innocenzo è inserita in primo piano la figura di una donna che allatta, forse una balia, che ricorda l’iconografia della virtù teologale della Carità. Inutile sottolineare che questa allusione alla Carità ribadisce ancora una volta il “messaggio” del dipinto che illustra l’operato esemplare di Carlo Borromeo e di coloro che ne hanno seguito le orme.
Il dipinto fa parte della raccolta di opere d’arte che costituiscono il patrimonio artistico dell’Ospedale di Varese e che sono in gran parte ospitate all’interno di Villa Tamagno. La Villa appartenne al tenore Francesco Tamagno, ma ancor prima al nobile Antonio Francesco Albuzzi, che scelse l’Ospedale di Varese quale erede universale nel suo testamento del 30 ottobre 1801. L’Albuzzi fu ricordato da un ritratto eseguito da Paolo Petter che si trova nella quadreria dei benefattori dell’Ospedale di Varese. Per circa un secolo e mezzo i ritratti dei benefattori vennero eseguiti a spese dell’Ospedale per conservare il ricordo della beneficenza ricevuta. In occasione della festa di San Giovanni Evangelista, il 27 dicembre, questi ritratti venivano esposti al pubblico, rinsaldando la memoria di Varese nei confronti dei benefattori dell'Ospedale.
Nella galleria dei ritratti dei benefattori (tra cui vi sono opere di Giuseppe Montanari), spicca il ritratto, realizzato da Giuseppe Amisani, di Emilia Zonda e Silvio Macchi. In anni più recenti, alcuni dei ritratti sono stati esposti ai Musei Civici di Villa Mirabello nella mostra, curata dal Centro Culturale Massimiliano Kolbe, La città e il suo ospedale: ottocento anni di storia dell’ospedale di Circolo (ottobre-novembre 1997). Certamente Il restauro del dipinto dell’elemosina di San Carlo è il primo passo per il recupero della memoria, anche visiva, dei tanti benefattori che hanno sostenuto l’Ospedale di Varese nella sua storia secolare".