VIOLENZA DOMESTICA: PROVVEDIMENTI/RIMEDI NELLAMBITO DEL DIRITTO PENALE
VIOLENZA DOMESTICA: PROVVEDIMENTI/RIMEDI NELLAMBITO DEL DIRITTO PENALE
FONTI NORMATIVE IN MATERIA DI VIOLENZA
La Convenzione per l’eliminazione di tutte le Forme di Discriminazione delle Donne (CEDAW), adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 1979 e ratificata dall’Italia con la legge n. 132/1985
La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), approvata a Roma il 4 novembre 1950 dal Consiglio d’Europa, ratificata dall’Italia con la legge n. 848/1955
La Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti le donne e la violenza domestica, approvata nel 2011, ratificata dall’Italia con la legge n. 77/2013, entrata in vigore il 1° agosto 2014 (conosciuta come Convenzione di Istanbul per il nome della città dove è stata aperta alla firma l’11 maggio del 2011)
Il Trattato sull’Unione europea (artt. 2 e 3 § 3)
La Carta dei diritti fondamentali (art. 21) e il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, per i quali il diritto alla parità di trattamento e alla non discriminazione è un principio fondante (art. 8)
La Direttiva 2012/29/UE del 25 ottobre 2012 che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato (recepita dall’Italia con il d.lgs. n. 212/2015, entrato in vigore il 20 gennaio 2016), e che, ai Considerando nn. 17 e 18, fornisce le definizioni di violenza di genere e di violenza commessa in ambito familiare
La Legge n. 66/1996 Norme contro la violenza sessuale
La Legge n. 154/2001 Misure contro la violenza nelle relazioni familiari
La Legge n. 38/2009 Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori (stalking)
La Legge n. 172/2012 di ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale (c.d. Convenzione di Lanzarote), intervenuta anche in materia di Maltrattamenti contro familiari e conviventi e di violenza assistita dai minori
La Legge n. 119/2013 Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere (c.d. legge sul femminicidio)
La Legge n. 4/2018 Modifiche al codice civile, al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in favore degli orfani per crimini domestici, entrata in vigore il 16 febbraio 2018
La Legge n. 69/2019 c.d. “Codice Rosso”
La Legge n. 4/2021 di ratifica ed esecuzione della Convenzione dell‘Organizzazione internazionale del lavoro n. 190/2019 sulla eliminazione della violenza e delle molestie sul luogo di lavoro, entrata in vigore il 27 gennaio 2021
La Legge n. 7/2006 "Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile"
COSA E’ LA VIOLENZA DOMESTICA E DI GENERE?
Gli abusi fisici e psicologici sono sempre condannati dalla legge.
Dal 2019 con la legge n. 69/2019 definita Codice Rosso è in vigore una procedura accelerata per perseguire i reati di violenza, maltrattamenti e stalking compiuti in danno di persone appartenenti alle cosiddette fasce deboli: donne, minori, anziani e disabili.
Nessun tipo di violenza è ammessa dal nostro ordinamento.
Non deve dunque stupire se ogni forma di maltrattamento sia punito dall’ordinamento giuridico.
Il problema è che molte volte si ha timore di denunciare i soprusi subiti.
Innanzitutto, occorre fare una distinzione tra forme di violenza: non tutte, infatti, sono punite nello stesso modo.
Innanzitutto, per violenza si può intendere l’impiego della forza aidanni di un’altra persona.
In questa ipotesi, la violenza può dare luogo ai seguenti reati:
- percosse;
- lesioni personali, a loro volta punite diversamente a seconda delle conseguenze riportate dalla vittima.
La violenza può consistere anche nei ripetuti abusi, fisici o psicologici, nei riguardi di una persona convivente oppure che è sottoposta all’autorità di altri (insegnanti, istruttori, tutori, ecc.): in casi del genere, la violenza reiterata nel tempo dà luogo al grave reato di maltrattamenti contro familiari o conviventi (art. 572 c.p.).
Infine, la violenza può essere di tipo sessuale, quando cioè si costringe una persona a compiere o subire atti sessuali (art. 609 bis c.p.)
Per atti sessuali non si intende solo il rapporto sessuale completo, ma qualsiasi coinvolgimento di parti del corpo definibili come zone erogene.
CHI PUO’ FARE DENUNCIA PER QUESTA TIPOLOGIA DI REATOE ENTRO QUANTO TEMPO?
Ogni persona offesa che si sente vittima di un reato può sporgere denuncia presso l’Autorità competente (Polizia di Stato, Carabinieri, Polizia Locale, Guardia di Finanza) o tramite un avvocato
La violenza sessuale può essere denunciata dalla vittima entro dodici mesi da quando il reato è avvenuto.
Se la vittima della violenza sessuale è un minore o una persona convivente (non necessariamente il coniuge) chiunque potrà procedere a sporgere denuncia, anche il soggetto che ha casualmente assistito al reato, senza limiti di tempo. In queste ipotesi, infatti, il reato è procedibile d’ufficio.
Il reato di maltrattamenti contro familiari e conviventi è procedibile d’ufficio, ossia chiunque può sporgere denuncia alle forze dell’ordine, anche persona totalmente estranea alle violenze e al nucleo familiare e senza alcun limite di tempo.
Una volta sporta denuncia/querela per violenza, le forze dell’ordine si mettono all’opera per raccogliere quanti più elementi di prova è possibile.
La polizia giudiziaria che acquisisce la denuncia della persona offesa riferisce immediatamente i fatti al pubblico ministero, anche in forma orale, cioè prima di fargli arrivare la consueta informativa scritta (comunicazione di notizia di reato).
Con la segnalazione del fatto costituente reato comincia la fase delle indagini preliminari, cioè quel periodo di tempo destinato alle investigazioni da parte del Pubblico Ministero.
Il Pubblico Ministero, una volta iscritta la notizia di reato, deve sentire la persona offesa entro tre giorni.
Questo termine tassativo può essere prorogato solo in presenza di imprescindibili esigenze di tutela di minori o della riservatezza delle idnagini.
Durante le indagini preliminari, la polizia giudiziaria si adopera per verificare la fondatezza della notizia di reato.
Potranno dunque essere sentite le persone informate sui fatti, cioè coloro che potranno testimoniare in giudizio, nonché la vittima stessa, la quale potrà meglio specificare le vicende che ha inizialmente segnalato.
COSA SUCCEDE TERMINATE LE INDAGINI DEL PUBBLICO MINISTERO?
Se al termine delle indagini risulta fondata la responsabilità penale della persona denunciata per violenza, allora il pubblico ministero chiederà il rinvio a giudizio dell’imputato, cioè la celebrazione del processo vero e proprio, all’interno del quale la vittima potrà costituirsi parte civile per chiedere il risarcimento dei danni tramite un difensore che potrà beneficiare del gratuito patrocinio.
Le vittime hanno accesso al patrocinio a spese dello stato indipendentemente dal reddito quando si proceda per i reati di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale, atti persecutori, nonché ove commessi in danno di minori, per i reati di riduzione in schiavitù, prostituzione minorile,
LA PERSONA OFFESA PUO’ CHIEDERE L’APPLICAZIONE DI UNA MISURA CAUTELARE NEI CONFRONTI DEL MALTRATTANTE?
Il pubblico ministero potrà valutare fin da subito se sussistono gli estremi per chiedere al giudice l’emissione di una misura cautelare, quale ad esempio l’allontanamento dalla casa familiare o il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla vittima.
Per evitare che le lungaggini processuali possano vanificare una denuncia per violenza oppure peggiorare la situazione delle vittime, le quali si trovano spesso in balia dei loro aguzzini nonostante la querela (si pensi alla donna che non possa lasciare casa per sfuggire al marito violento), la legge ha predisposto alcuni provvedimenti che il giudice può adottare prima ancora di giungere a una sentenza.
Chi ha sporto denuncia per violenza e vuole ottenere subito tutela deve chiedere che sia applicata una misura cautelare che possa proteggerla.
L’Autorità giudiziaria se ne sussistono i presupposti può ricorre alle misure cautelari:
- dell’allontanamento dalla casa familiare, se vittima e denunciato convivono sotto lo stesso tetto
- il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla vittima, quando vi è pericolo che il denunciato perseguiti la persona offesa
Le misure cautelari, però, sono disposte dal giudice solamente se ritiene che ricorrano i presupposti previsti dalla legge.
In particolare, il giudice accorderà una delle misure sopra viste solamente se riterrà che a carico del denunciato sussistono gravi indizi di colpevolezza e se vi è pericolo che il soggetto possa reiterare la sua condotta illecita
L’applicazione della misura cautelare, tra l’altro, deve essere formalmente richiesta dal Pubblico Ministero che è titolare dell’indagine.
Il giudice per le indagini preliminari non può accordarla se l’istanza proviene da un soggetto diverso.
Dunque, per ottenere una tutela immediata, sarà necessario allegare sin da subito nella denuncia tutto quanto sia ritenuto utile per dimostrare la possibilità che la violenza non sia un fatto isolato ma possa ripetersi.
Va ricordato poi che la violazione delle misure cautelari costituisce un reato autonomo, punito dall’articolo 387 bis del codice penale. Questa norma è stata introdotta proprio per rafforzare la tutela delle vittime anche nei casi in cui le disposizioni del Codice Rosso erano state applicate ma sono risultate inefficaci a impedire nuovi crimini.